Titolo: Sopravvissuto. The Martian
Autore: Andy Weir
Editore: Newton Compton Editori
Data di uscita: 28 Aprile 2016
Pagine: 380
Rilegato: 5.90
(Link prodotto su Amazon)
Giornale di bordo: Sol 6
Sono spacciato di brutto.
Questa è la mia ponderata valutazione.
Spacciato.
Sono passati solo sei giorni dall’inizio di quelli che sarebbero dovuti essere i più gloriosi due mesi della mia vita e sono finito in un incubo. Non so nemmeno chi leggerà questo diario. Immagino che prima o poi qualcuno lo traverà. Magari di qui a cent’anni.
Per la cronaca… Non sono morto a sol 6. Così crede senza dubbio il resto dell’equipaggio e non posso biasimarli. Forse decreteranno una giornata di lutto nazionale in mia memoria e sulla mia pagina di Wikipedia ci sarà scritto: “Mark Watney è l’unico essere umano morto su Marte”.
E sarà anche giusto, probabilmente. Perché poco ma sicuro che muoio qui. Solo non a Sol 6 come pensano tutti.
Mark Watney diventa in breve un simbolo della scoperta, del progresso, della possibilità di “colonizzare” un pianeta e di riportare l’umanità ad una sorta di periodo di grande sviluppo tecnologico e scientifico. Gli aggiornamenti riguardo il suo soggiorno su Marte vengono trasmessi in diretta mondiale, tutti gli occhi della Terra sono puntati sui movimenti della NASA e su Mark.
Un tale scalpore che più volte mi ha posto di fronte a riflessioni abbastanza amare, dato che è una storia tanto realistica da rispecchiare il comportamento dell’umanità in una situazione simile nella realtà. Un sentimento apparentemente tanto nobile, quello di salvare un uomo dalla fame e da un pianeta impervio, un evento che riunisce popoli e nazioni, per cui vengono spesi milioni e milioni di dollari, ma sorge spontaneo il dubbio se davvero ne valga la pena, se tutti quei soldi per una sola persona non siano un costruito per spettacolizzare la situazione e avere dei ritorni politici per esempio, o sociali, quando in realtà viene del tutto messo da parte il fatto che migliaia di persone se non milioni ogni giorno muoiano di fame sul nostro pianeta.
Una nota negativa di questo romanzo che riemerge sul finale, dove l’autore cerca di dare sfogo a una riflessione sull’altruismo, sulla forza dell’unità, su come la collaborazione internazionale possa essere una soluzione per un futuro roseo e pacifico. Un appunto che sembra assumere ancor di più un sapore amaro e superficiale.
Tuttavia è l’unica pecca di un romanzo che va oltre ogni mia aspettativa, unendo il senso di avventura e di esplorazione a una sfera più umana e psicologica, quale la situazione solitaria di Watney, ma anche il fascino dell’universo, di un pianeta quasi inesplorato, della fame di scienza e conoscenza. Una ricetta ben congeniata per un assoluto successo letterario che prende un eroe e gli da voce, mettendo in risalto difetti e virtù, calcando la mano sull’aspetto ironico della situazione, senza mai dimenticare la reale sofferenza che accompagnerebbe una simile esperienza.
La narrazione alterna infatti pagine del diario di Watney a paragrafi o capitoli in terza persona che seguono i personaggi che alla sede della NASA e del JPL si alambiccano per dare tutto l’aiuto possibile all’astronauta, seguendo in contemporanea il viaggio di ritorno a casa di Hermes e del suo equipaggio, dove Mark sarebbe dovuto essere.
Le parti più avvincenti sono quelle con Watney come voce narrante, dove con minuzia racconta le sue giornate e in particolare le soluzioni ai problemi che ostacolano la sua sopravvivenza, la sua inedita esperienza su un pianeta tanto affascinante quanto gelido e implacabile.
L’accento ironico e ottimista che distingue le parole del protagonista mi ha subito conquistata e coinvolta, non ho potuto fare a meno di fare il tifo per quell’uomo che giorno dopo giorno lotta per la sopravvivenza, affronta impensabili problemi senza mai arrendersi e credo che l’insegnamento numero uno di questa odissea marziana sia esattamente quello di non arrendersi mai, di lottare per ciò in cui si crede o che si desidera, che sia la propria sopravvivenza o chissà che altro. Perché ciò che Mark Watney ci insegna è che non esiste un problema irrisolvibile, non esiste ostacolo più grande della nostra determinazione e tenacia, anche quando tutto sembra remarci contro.
Un libro che racchiude una sfera di emozioni e sensazioni che viaggia a trecentosessanta gradi nei più celebri espedienti narrativi, grazie a suspense e colpi di scena che vivacizzano il racconto, alternandosi a precisi approfondimenti di astrofisica e fisica elementare che danno al tutto un carattere più concreto. Personalmente ho trovato le descrizioni scientifiche e i procedimenti tecnici inseriti dall’autore una nota positiva, ma so che potrebbero frenare molti non appassionati del genere. Tuttavia, sono parti che scorrono nella narrazione, la scandiscono e la arricchiscono dandole un animo realistico.
L’uomo di Marte è una storia che si leggere tutto d’un fiato, capace di conquistare e incuriosire anche chi di fantascienza non ne mastica, soprattutto per la veridicità degli eventi che sembrano studiati minuziosamente perchè siano il più realistici e autentici possibili, una nota di merito per Andy Weir che è riuscito nuovamente a stupirmi e imbrigliarmi al suo romanzo, non solo per il mio amore per il genere, ma anche e soprattutto per la minuzia nel costruire un racconto autentico sotto numerosi punti di vista.
Un libro che come avrete intuito ho deciso di valutare 5/5, pieni voti per una storia che ha saputo trasportarmi in un mondo reale ma sconosciuto, in una situazione ai limiti della sopravvivenza, senza tralasciare l’aspetto umano e un pizzico di ironia.
Nessun commento