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    Cime tempestose, di Emily Brontë | Il paesaggio come specchio della storia

    Buongiorno lettori! Ieri ha avuto inizio il blogtour dedicato alla prossima uscita Oscar Vault, ovvero SORELLE BRONTE. I capolavori delle impareggiabili penne sororali, una raccolta di romanzi che contiene al suo interno Agnes Grey di Anne Brontë, Cime Tempestose di Emily Brontë e Jane Eyre di Charlotte Brontë

    Io proseguo questo splendido viaggio alla scoperta delle tre sorelle parlandovi oggi di Cime Tempestose e in particolare del paesaggio come specchio della storia.
    Più sotto nel post trovate il mio approfondimento, ma prima volevo lasciarvi il calendario dell’evento nel caso siate curiosi di conoscere questo meraviglioso libro più nel dettaglio (da notare la meravigliosa copertina del volume…! *-*).

    Evento organizzato da Miriam del blog Me and Books che ringrazio, insieme alla casa editrice che ha fornito la copia del libro in anteprima. Se siete curiosi potete trovare tutti i dettagli sul libro cliccando qui, ma io non posso più resistere e passerei al fulcro di questa tappa, ovvero al paesaggio di Cime Tempestose!

    CIME TEMPESTOSE, IL PAESAGGIO SPECCHIO DELLA STORIA

    Ho scelto di parlarvi di questo tema perchè è stato il primo carattere che ho notato leggendo le prime pagine del libro. I primi capitoli in verità, ed è stato dai racconti degli eventi passati alla residenza di Wuthering Heights che ho compreso che la natura e il paesaggio circostante avrebbero avuto in questa lettura tanto peso quanto gli avvicendamenti relazionali tra i personaggi, ma anche solo la cura con cui l’autrice ha reso questi caratteri vividi e tangibili ne rende chiara l’importanza.

    La collina era come un oceano mosso da candide onde; e le creste e gli avvallamenti non indicavano corrispondenti rilievi e depressioni nel terreno: molte buche erano ormai livellate a intere file di monticelli, i rifiuti delle cave, erano cancellati dalla mappa che la mia passeggiata di ieri mi aveva lasciato impressa nella memoria.

    Ci troviamo infatti nel folto della brughiera dello Yorkshire (casa delle sorelle Brontë), immersi nel verde, ma anche nelle paludi, colti alla sprovvista da oziosi pomeriggi di sole così come da venti impietosi e da tempeste implacabili. Un’ambientazione che da un estremo all’altro segue le emozioni che caratterizzano la storia, evolvendo da mite a impetuoso se passiamo da un momento di felicità ad uno di estrema drammaticità.

    E la drammaticità non manca di certo in Cime Tempestose (in inglese wuthering heights), lo stesso titolo tramite un richiamo alla natura ci prospetta una storia affascinante ma decisamente angosciosa, tra alti e bassi, meraviglia e dramma.
    Un filo conduttore che collega ogni storia nella storia che troviamo nel corso della lettura, ogni vicenda e ogni epoca raccontata in questo libro, fin dalle prime pagine, quando il signor Lockwood si ritrova perduto dopo aver passato una notte di tempesta alla dimora del suo affittuario, un esempio perfetto del paesaggio circostanze la storia come specchio delle vicende.

    In questa parte della vicenda il paesaggio segue perfettamente il mood della storia, la natura cambia a seconda della situazione. Al primo incontro tra Lockwood e Heathcliff la brughiera è semplicemente ventosa, al secondo incontro l’accoglienza gelida di Heathcliff è evidenziata da una nevicata in arrivo, ed eccola la tempesta che impervia nel momento in cui Lockwood si rende un ospite sgradevole mentre il brutto sempre lo costringe a dormire nella dimora del suo affittuario con cui il rapporto si è raffreddato. Nell’ormai abbandonata stanza in soffitta dove è ospitato, la suggestione e la paura sono sottolineane dai rami che sbattono contro i vetri della finestra, dal vento che soffia impetuoso mentre la neve ricopre ogni centimetro del paesaggio, in una notte oscura, fredda e ululante. Ed ecco che dopo un risveglio traumatico e una lite col padrone di casa, pian piano il tempo si placa, la brughiera torna alla sua tranquillità, ma l’autrice lascia intendere un senso di spaesamento del protagonista dovuto al luogo, al paesaggio innevato privo di punti di riferimento, ma anche all’incomprensione verso Heathcliff e gli abitanti di Wuthering Heights.

    Avevo osservato su un lato della strada, a intervalli di sei o sette metri, una fila, che continuava ininterrotta lungo l’intera landa, di pietre piantate dritte nella terra e ricoperte di calce, allo scopo di servire da punti di riferimento quando si faceva buio o quando una nevicata come quella attuale confondeva i tratti paludosi a entrambi i lati della strada con il sentiero più saldo; ora, con l’eccezione di qualche punto sporco qua e là, era svanita ogni traccia della loro esistenza.

    La forza evocativa del paesaggio, della natura, viene utilizzato dall’autrice anche per evidenziare aspetti legati ai personaggi, al loro carattere e al confronto con altri protagonisti, come quando Catherine per la prima volta si accorge dell’enorme differenza tra Edgar Linton e Heathcliff.

    Catherine osservò la differenza tra i due mentre uno entrava e l’altro usciva. Il contrasto era simile a quello che si prova passando da una regione carbonifera, tutte colline brulle, a una bella vallata fertile; e la voce e il modo in cui Linton la salutò non erano diversi.

    Anche i rapporti e le dinamiche tra i personaggi sono espressi spesso tramite metafore e figure retoriche legate alla natura, espressioni vivide, chiare, che rimandano al fascino per la natura, alla sua forza, restando legate ai comportamenti umani e alla loro vulnerabilità, alle debolezze soprattutto.

    Non fu il roveto a chinarsi verso il caprifoglio, ma il caprifoglio ad abbracciare il roveto. Non vi erano reciproche concessioni; una rimaneva immobile e gli altri cedevano; e chi potrebbe essere imbronciato o cattivo quando non si incontra né opposizione né indifferenza?

    L’arrivo di un personaggio porta ombre più oscure al tramonto, una lite tempesta, un lutto pioggia per settimane, e così via per l’intero libro, in una drammatica sequenza che si ripete come un cerchio, danzando tra i comportamenti umani e quel paesaggio indomabile che è la brughiera inglese, che si presta in maniera unica ad incorniciare le vicende di Cime Tempestose. E così come il proprietario della dimora nel presente del racconto fa soffrire tutti gli altri portando sventura, così il romanzo diventa sempre più oscuro e difficile da digerire, fino all’epilogo dove finalmente ritroviamo la brughiera frizzante e soleggiata che per l’intero libro abbiamo sperato di riabbracciare tramite le parole evocative dell’autrice.

    Una componente, il paesaggio, estremamente viva in Cime Tempestose, un carattere forte che aiuta a rendere indimenticabile e affascinante una storia altrimenti solo cupa e drammatica, ma esattamente come la natura e come la brughiera, dopo le tempeste invernali il cerchio deve chiudersi ed è naturale ritrovare una briosa primavera, ricca di vita, spensieratezza, reduce dall’inverno, ma vivida e piena di colori.

    Una visione forse un po’ troppo poetica, un po’ troppo tra le nuvole la mia, ma non c’è nulla che mi affascini come la forza e la bellezza della natura, ed ecco la chiave di lettura che ho scelto di seguire leggendo Cime Tempestose, apprezzando sempre più la sensibilità e la scaltrezza di un’autrice che purtroppo non ha lasciato altri scritti, ma che resterà d’ora in poi una tra le mie preferite.

    Settimana prossima vi parlerò a fondo anche di tutti gli altri aspetti del romanzo, nella recensione, per adesso spero di avervi dato uno spunto per leggere ed amare Cime Tempestose.

    Per Agnes Grey e Jane Eyre vi consiglio di continuare a seguire il blogtour, che sarà ricco anche di moltissime curiosità su Cime Tempestose e in generale sulle tre sorelle Brontë che hanno conquistato un posto speciale nella collana draghi di Oscar Vault con questo imperdibile volume che raccoglie tutti e tre i loro romanzi.

    franci
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